2002 nr.3

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Dal lago Palù a Caspoggio:
storia di un trekking in Valmalenco

Sopravvissuti alla tangenziale di Milano, giunti a Chiesa in Valmalenco sani e salvi, anche se è mercoledi 17 luglio, il grande conDOTTiero raduna le truppe ai piedi della funivia per il lago Palù. Partiamo. Ed è subito il "nostro- trekking. Gianfranco ed io siamo invitati da Igor a spostarci al lato opposto della cabina della funivia in modo da bilanciare il peso del cari­co! Il pennellone pagherà poi il fio di questa cattiveria con un bell'attacco di "siatica" che lo tormenterà, a fasi alterne, per tutto il trekking. Eccoci in vista del lago Palù; il tempo non promette granchè ed il conDOTTiero decide di "tenerci alti”,  passiamo così nei pressi del grazioso rifugio Motta che solo pochi ardimentosi, e affamati, raggiungono, per poi scendere all'Alpe Campascio da dove iniziamo la salita verso l'Alpe Musella dove pernotteremo al Rifugio Musella. Nuvole minacciose ci accompagnano e ci regalano qualche goccia. d'acqua ma non ci impediscono di immergerci nella bellezza dei luoghi. In serata si sprecano battute sul torci­collo e previsioni del tempo. Mucche, cavalli e gatti ci aspettano al risveglio, uno splendido cielo azzurro mette fine ai nostri timori. Subito ci attende una bella salita e, a mano a mano che prendiamo quota lo sguardo vaga su sempre più vasti orizzonti: immensi boschi di conifere, vette aguzze illuminate dal sole e, in lontananza, isolati alpeggi. Attraverso il "sentiero dei sette sospiri", che a qualcuno sono sembrati anche quattordici, giungiamo al rifugio Carate e, da qui, al passo delle Forbici da dove entriamo nel cuore del gruppo del Bernina. Lo sguardo spazia verso i ghiacciai incombenti ma bellissimi: alcuni laghetti spuntano qua e là; lontano, apparentemente inaccessibile, si scorge il rifugio Marinelli­Bombardieri. Ce la faremo ad arrivarci? A questo punto il Paccani ammette che, forse, ha un po' esagerato a riempire lo zaino: praticamente gli manca solo il tappeto! Dal terrazzo del rifugio un panorama immenso: spaziamo dalla Vedretta di Caspoggio alle vette del Bernina. I più entusiasti (o i meno stanchi) salgono verso il passo Marinelli Orientale incontrando, appena dietro il rifugio, un simpatico branco di stambecchi stanziali. Alcuni di noi passano mezz'ora a calzare i ramponi; il conDOTTiero e il fido Umberto si avventurano fino al passo. Passiamo la notte nei loculi del Bomberdelli (come è stato ribattezzato il rifugio); il mattino dopo ci aspetta il clou del trekking: l'attraversamento CON RAMPONI della Vedretta di Caspoggio e la discesa con corda fissa dal Bocchino di Caspoggio. Mentre Lello si cala con la velocità della luce i fotografi sì esibiscono in scatti a ripetizione del Bernina (anche questa volta il gatto Silvestro riesce ad immortalare le sue ginocchia in primo piano con lo sfondo del Bernina). Alla diga di Gera il gruppo "acciaccati" (Igor, Lello, Gianfranco) ci lascia; ci ritrove­remo tutti all'Alpe Prabello, al rifugio Cristina, dove noi giungeremo dopo aver attraversato la bellissima interminabile conca della Val Poschiavina, il confine con la Svizzera e aver visto splendidi laghetti glaciali occhieggiare tra le rocce. L'Alpe Prabello è situata in un pianoro ai piedi del Pizzo Scalino dove si respira tranquillità ed aria pura.
Il giorno dopo lasciamo a malincuore quest'oasi di bellezza. Tutt'intorno è un'esplosione di luce e di azzurro. Il monte Disgrazia domina in tutta la sua potenza; forte è il contrasto tra il bianco acceccante dei ghiacciai, lo smeraldo dei prati e il cupo verde dei boschi. Il conDOTTiero ci aveva promesso che la tappa sarebbe stata quasi tutta in discesa: alcuni di noi vedono la madonnina rossoblù sulla breve ma ver­ticale salita per giungere all'Alpe Cavaglia. Il battaglione sanità si attesta nelle retrovie: il fido Umberto è di conforto ai malati; il Paccani finge di star bene, Lello e Gianfranco disquisiscono di borsa," Igor è alle prese con la “siatica", il Presidente vigila: coraggio ragazzi, siamo in fondo. Già . siamo arrivati a Piazzo Cavalli e alla fine del trekking. Abbiamo camminato molto in questa verticale Valmalenco che non ti regala niente ma si fa amare da subito. Così ci siamo innamorati di queste montagne ardite e severe, degli altissimi larici, degli sce­nari immensi, delle vedrette e dei rifugi; così anche questa volta il Grande Giardiniere, come lo chiama Gianfranco, ha lavorato proprio bene. Quindi, caro conDOTTiero Cesare, comincia a studiare carte e libri perché sarebbe bello tornare in questi luoghi dove abbiamo lasciato un pezzetto di cuore.

                                                                                    Elisa

                                                                                         

 

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