2004 nr.3


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La "nave" del Pasubio

Sirmione ci accoglie con un caldo, caldissimo abbraccio. La ammiriamo dagli spalti della Rocca Scaligera e visitando le famosissime "Grotte di Catullo” con bella vista sul Lago di Garda da cui, poco dopo, partirà la nostra "nave'.  Qui, infatti, ha origine una dotta dissertazione grammaticale sull'uso in modo transitivo e/o intransitivo del verbo "salpare" (es. si dice la nave è salpata oppure la nave ha salpato?) e della cui soluzione non si hanno ancora notizie certe. La questione, divenuta il tormentone dei nostri quattro giorni, ha turbato non poco il sonno dei partecipanti, talchè  non si è persa occasione per dibatterne a fondo. Invano Igor ha tentato di porre fine alla querelle decretando che la nave era affondata; c'era sempre qualcuno che riproponeva il dilemma, anche davanti ad un piatto di canederli o camminando nelle nebbie del Pasubio. Che montagna il Pasubio: ti cattura sospesa nella luce del mattino, dopo il temporale; ti affascina col silenzio selvaggio delle sue rocce; ti racconta di guerra e pace, dolore, fatica, sudore, sangue, di vite spezzate, di speranze perdute e rinate. Superato il Passo Xomo, lasciamo le auto alla Bocca di Campiglia e affrontiamo con passo tranquillo la "strada delle gallerie", spettacolare percorso nelle viscere del Monte Forni Alti, approntato dal febbraio al dicembre 1917 dalla 33° Compagnia Minatori del 5° Reggimento Genio, come recita un cartello posto all'inizio dell'itinerario. Le Gallerie sono 52; la più lunga misura 320 metri, la più ammirata quella elicoidale che, come una chiocciola, si avvolge a spirale all'interno di una guglia. Lungo le pareti si vedono ancora le tracce dei fornelli delle cariche di esplosivo. Tra una galleria e l'altra si aprono scenari sulle piccole Dolomiti, gole profonde risalite da ripidissimi sentieri. Splendide fioriture ingentiliscono le rocce;sembra quasi impossibile pensare che qui sia passata la tragedia della guerra. All'improvviso, quasi alla fine del percorso, ci appare il Rifugio Generale Achille Papa, alle Porte del Pasubio, appeso alle rocce come un nido d'aquila. Nel pomeriggio passeggiata nebbiosa rallegrata da cori sgangherati che, a turni, riproporremo anche dopo cena, in rifugio, con il robusto aiuto di un gruppetto di escursionisti tedeschi e, per alcuni, di allettanti cicchetti di "sgnappa". Sabato la nebbia ci accompagna per un tratto nella salita alle postazioni di Cima Palon, avvolgendo ogni cosa di suggestivo silenzio, come la neve che è ancora abbondante. Poi si dirada e così visitiamo trincee, ricoveri scavati nella roccia, cisterne, depositi, camminamenti; sulla parte più esposta del Dente Italiano sono ancora ben visibili le buche lasciate da centinaia di proiettili provenienti dal dirimpettaio Dente Austriaco. Un cippo ricorda i leoni di Liguria. Mi infilo in un cunicolo per vedere l'effetto che fa. Mi tornano in mente i racconti del nonno, ragazzo del '99, spedito al fronte a 17 anni, e mi sembra di vedere i suoi grandi occhi scuri velati di lacrime quando ci narrava la vita e la morte nelle trincee. Torniamo al Pian delle Fugazze giusto in tempo per ritrovare i "coristi" tedeschi del Rifugio Papa. In serata gran conciliabolo per decidere il da farsi per domenica; abbandonato a malin­cuore il programma del Monte Baldo, decidiamo di recarci nel gruppo del Monte Carega. Scelta felicissima: giornata che di più non si puo'; ambiente stupendo, montagna decisamente bella. Saliamo in gruppi sparsi; i più decisi con Cesare raggiungono il Rifugio Fraccaroli e la vetta: Igor, Anna, Ornella, Gianna ed io arriviamo alla Bocchetta dei Fondi: grande panorama a 360 sulle vette circostanti, Cima Mosca, Monte Obonte, in lontananza il Pasubio e, di fronte. il rifugio e la Cima Carega. Il resto del gruppo si sparpaglia più in basso. Ci ritroviamo infine al Rifugio Campogrosso per una rinfrescante bevuta. Poi il “rompete le righe", e tutti a casa.

                                                                                                   Elisa

 

                                                                                      

                              

 Finalmente il Brenta!

Dopo anni di attesa e mesi di preparazione studiando carte, itinerari, storia dei luoghi, geologia e meteorologia, inizia il conto alla rovescia …. tre, due, uno...Infine ci siamo, penso con allegria mentre arriviamo al parcheggio di Vallesinella. Lo zaino pesantissimo non smorza l'entusiasmo anche se la salita sembra più lunga e faticosa: per fortuna il Rifugio Casinei non è lontano: pausa ristoratrice e poi via verso il Rifugio Brentei che sarà la nostra "base logistica”. Appena fuori dal bosco il colpo di fulmine: il Crozzon di Brenta e la Cima Tosa, con il canalone della Vedretta del Crozzon si materializzano davanti ai miei occhi e capisco che sarà amore per sempre. Al Brentei si respira storia in ogni angolo: foto di Bruno Detassis, mitico gestore del rifugio e fenomenale scalatore di queste cime dove ha tracciato grandi vie di salita, fanno rivivere l'epoca d'oro dell'alpinismo e trasmettono la serenità e la saggezza del grande vecchio. L'ambiente è molto confortevole, la cucina ottima; ci troveremo benissimo. Prima di dormire prepariamo l'attrezzatura per la ferrata: imbrago, caschetto, moschet­toni, cordino, corda e, non si sa mai, piccozza e ramponi. Non riesco a prendere sonno; sarà il russare dei compagni, sarà l'immaginare cosa vedrò e farà domani, sarà la preoccupazione per il tempo che potrebbe costringerci a rinunciare. Un'alba rosata e un bel cielo azzurro sono il regalo del mattino: ci incamminiamo verso la Bocca di Brenta: ì ramponi ci aiutano nella salita su neve abbondante e ghiacciata. Qui il gruppo si divide: Gino e le sue fan­ciulle continueranno il cammino fino al Rifugio Pedrotti ed oltre: Igor. Anna, Cesare, Silvestro ed io attacchiamo la scaletta d'inizio della celeberrima e bellissima via delle Bocchette Centrali. Percorrendo cengie orizzontali, discese, salite entriamo a poco a poco nel cuore di queste montagne particolarissime. Tagliamo la parete ovest di Cima Brenta Alta e passiamo, aggirandolo, ai piedi del gigantesco Campanile Basso. Guardiamo con ammirazione i numerosi scalatori che si arrampicano sulle sue pareti. Ad ogni angolo panorami di eccezionale bellezza sul versante della Valle Brenta Alta. Passiamo poi sul lato orientale attraverso alcuni passaggi esposti e, letteralmente, in una galleria di neve sotto il Campanile alto; è bel­lissimo. Poi ancora roccette, cengie molto esposte. Siamo sotto gli Sfulmini, nome evocativo di temporali, ma, per fortuna, il tempo è galantuomo. Traversiamo ancora sotto la Torre di Brenta e, per un formidabile sperone roccioso attrezzato con cavi e scale, scendiamo alla Bocca degli Armi e lungo la Vedretta degli Sfulmini fino al Rifugio Alimonta. Lo scenario è incantevole: rocce color ambra, ciuffi di nubi, biancore di neve e ghiaccio, silenzio. Parliamo sottovoce, quasi intimoriti. Chissà se domani saremo così for­tunati. Purtroppo il giorno dopo Anna ed Igor ci devono lasciare; ci dispiace moltissimo. All'attacco del sentiero Sosat siamo in quattro: Ornella ha deciso di venire con noi. Partiamo subito su una cengia orizzontale molto aerea; laggiù, in basso, si scorge il Rifugio Brentei: di fronte sembra di poter accarezzare la Cima Tosa ed il Crozzon. La cengia si assottiglia e si riduce sempre più in altezza: siamo obligati quasi a gattonare nel punto più basso Poi pareti verticali che scendiamo e risaliamo per scale, scalette e robusti cavi di sicurezza. Attraversiamo così la parete sud della Punta di Campiglio e sbuchiamo infine su di un pianoro da cui possiamo spaziare su tutte le vette circostanti. Ancora un po' di cammino attraverso enormi massi e giungiamo in vista del Rifugio Tuckett dove abbiamo appuntamento col "Gruppo Sardonico". Il tempo cambia improvvisamente nuvolo­ni neri sì addensano e promettono pioggia. Decidiamo, saggiamente, di fermarci al rifugio. Un tipico temporale con lampi e tuoni dà spettacolo, noi aspettiamo che finisca mangiando patatine fritte e cioccolata. L'ultima sera al Brentei trascorre in allegria, battute, brindisi, torte e cartoline Sabato mattina ritorno "a valle" entusiasti delle nostre esperienze con la speranza di poter tornare presto, magari per le "Bocchette Alte' e gli altri famosi itinerari del Brenta, gruppo di guglie fantastiche.

                                                                                        Elisa.

                                                                                           

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